CIAO ROCCO


Dedico questa pagina
a Rocco
il nostro amato cagnone.

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Rocco non è più con noi.
E' andato nei suoi spazi celesti.
Ora, la sera, una stella in più
brilla nel cielo.

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Rocco è nato il 3 febbraio 1992;
dopo averci regalato per oltre
dieci anni la sua festosa presenza,
nelle prime ore del 9 aprile 2002
si è addormentato per sempre.
Ma anche ora, a distanza di anni,
è con noi, vivo nel nostro cuore.

 

 

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Poesie di Pablo Neruda
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ODE AL CANE
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Il cane mi domanda
e non rispondo.
Salta, corre pei campi e mi domanda
senza parlare
e i suoi occhi
son due domande umide, due fiamme
liquide interroganti
e non rispondo,
non rispondo perché
non so, niente posso dire.

In mezzo ai campi andiamo
uomo e cane.

Brillano le foglie come
se qualcuno
le avesse baciate
ad una ad una,
salgono dal suolo
tutte le arance
a collocare
piccoli planetari
in alberi rotondi
come la notte, e verdi,
e uomo e cane andiamo
fiutando il mondo, scuotendo il trifoglio,
per i campi del Cile,
fra le limpide dita di settembre.
Il cane si arresta,
corre dietro alle api,
salta l'acqua irrequieta,
ascolta lontanissimi
latrati,
orina su una pietra
e mi porta la punta del suo muso,
a me, come un regalo.
E' la sua tenera impertinenza,
la comunicazione del suo affetto,
e proprio lì mi chiese
con i suoi due occhi,
perché è giorno, perché verrà la notte,
perché la primavera
non portò nel suo cesto
nulla
per cani vagabondi,
ma inutili fiori,
fiori e ancora fiori.
Questo mi chiede
il cane
e non rispondo.

Andiamo
uomo e cane uniti
dal mattino verde,
dall'eccitante vuota solitudine
in cui solo noi
esistiamo,
questa unità di un cane rorido
e un poeta del bosco,
perché non c'è uccello nascosto,
né fiore segreto,
ma trilli e profumi
per due compagni,
per due cacciatori compagni:
un mondo inumidito
dalle distillazioni della notte,
un tunnel verde e poi
un prato,
una raffica di vento aranciato,
il sussurro delle radici,
la vita che cammina,
respira, cresce,
e l'antica amicizia,
la gioia
d'esser cane e d'esser uomo
tramutata
in un solo animale
che cammina muovendo
sei zampe
e una coda
intrisa di rugiada.

 

 

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UN CANE E' MORTO
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Il mio cane è morto.
L’ho sotterrato nel giardino
vicino a una vecchia macchina arrugginita.

Lì, non più sotto,
né più sopra,
si unirà con me un giorno.

Ora egli ormai se n’è andato col suo pelame,
la sua cattiva educazione, il suo naso freddo.

E io, materialista che non crede
nel celeste cielo promesso
per nessun essere umano,
per questo cane o per ogni cane
credo nel cielo, sì, credo in un cielo
dove non entrerò, ma lui m’attende
agitando la sua coda come un ventaglio
perché io giungendo trovi amici.

Ahi non dirò la tristezza sulla terra
di non averlo più come compagno,
che mai per me è stato un servitore.

Ebbe per me l’amicizia di un riccio
che conserva la sua sovranità,
l’amicizia di una stella indipendente
senz’altra intimità che quella necessaria,
senza esagerazioni:
non si arrampicava sui miei vestiti
empiendomi di peli o di rogna,
non si strusciava contro il mio ginocchio
come altri cani ossessi sessuali.

No, il mio cane mi guardava
prestandomi l’attenzione di cui ho bisogno,
l’attenzione necessaria
per far comprendere a un vanitoso
che essendo cane lui,
con quegli occhi, più puri dei miei,
perdeva il tempo, ma mi guardava
con lo sguardo che mi riservò
per tutta la sua dolce, la sua pelosa vita,
la sua silenziosa vita,
vicino a me, senza seccarmi mai,
e senza chiedermi nulla.

Ahi quante volte ho voluto avere coda
camminando vicino a lui lungo le rive del mare,
nell’Inverno di Isla Negra,
nella gran solitudine: in alto l’aria
trafitta d’uccelli glaciali
e il mio cane che saltava, irsuto,
pieno di voltaggio marino in movimento:
il mio cane vagabondo e olfattivo
inalberando la sua coda dorata
faccia faccia all’Oceano e alla sua schiuma.

Allegro, allegro, allegro
come i cani sanno essere felici, senza nient’altro,
con l’assolutismo della natura sfacciata.

Non c’è addio per il mio cane che è morto.
E non c’è né c'era menzogna fra noi.

Ormai se n’è andato e l’ho sepolto, e questo era tutto.

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